mercoledì 10 dicembre 2008

Cala di Luna

CALA di LUNA

(Il Cavaliere Bianco e Principessina)


La notte scese improvvisa avvolgendo la città in un fitto manto di nebbia, le ombre dei lampioni svanivano sul selciato umido, il silenzio venne interrotto dallo scalpitio degli zoccoli di un destriero bianco, uscì dalla folta foschia come un raggio di luce attraversa la serratura di una porta. Il Cavaliere Bianco riconobbe subito il destriero gemello al suo di cui Principessina gli aveva fatto dono. Senza indugiare spronò il cavallo andandoli incontro, quando i due magnifici esemplari si trovarono l'uno di fronte all'altro il Cavaliere sussultò nel vedere le condizioni del destriero, smarri lo sguardo sulla sella vuota di Principessina, una delle staffe pendeva anomala come se avesse trascinato il corpo di chi lo cavalcava, la sella argentata aveva dei profondi graffi e il manto bianco del cavallo era sporco di fango e piccole macchie simili a sangue. Corse il pensiero a Principessina, una fitta attraversò il petto del Cavaliere Bianco, alzò lo sguardo sulla coltre di nebbia che aveva inghiottito la foresta di cemento, poteva intravedere solo alcune cime dei poderosi alberi metallici.
Il pensiero di quella fanciulla sperduta tolse ogni timore, unendo le redini dei due destrieri si lanciò al galoppo nell'inquietante oscurità della foresta. Seguendo il destriero di Principessina giunse fino al lago la cui superficie era ricoperta da uno strato di ghiaccio, incastonato in esso vide tanti petali di rosa il cui colore andava scurendosi perdendo ogni vitalità. A tale vista l'Anima del Cavaliere lanciò un grido disumano, scese da cavallo impugnò la spada e sollevandola con entrambi le mani sopra la testa con un colpo deciso scarico la forza di quell'urlo che percuoteva l'Anima. La lama penetrò la superficie ghiacciata, il calore dell'Anima si trasferì sulla lama affilata sciogliendo il ghiaccio. Lentamente i petali riacquistando il loro colore vivido liberandosi dalla loro prigione emersero aerei nell'aria illuminando le acque cristalline del Lago e un sentiero prominente ad esso. Il Cavaliere seguì il volo dei petali, inoltratondosi nel fitto bosco potè avvertire il diffondersi del profumo dei petali, profumo di rose selvatiche il preferito da Principessina. Ad un tratto i petali si riunirono adagiandosi su un roveto, gocce di rugiada li avevano appesantiti, il Cavaliere ne raccolse uno sul palmo della mano, ben presto si rese conto che non erano gocce di rugiada ma bensì lacrime, attraverso quella limpida goccia avvertì il dolore, la sofferenza della fanciulla smarrita nell'oscura foresta di cemento. La lacrima, scivolando dal palmo della mano del Cavaliere, cadde a terra spargendo luminescenza lungo il sentiero, chinandosi il Cavaliere raccolse un frammento di quel bagliore, era un frammento delle vesti di Principessina.


Chinato su di esso non avvertì l'avvicinarsi della bestia, fu il nitrito dei destrieri a farlo sobbalzare ma ahimè i denti aguzzi dell'animale affondarono sulla spalla del Cavaliere lacerando le vesti e irrorandole di sangue. Certa della vittoria la bestia attaccò di nuovo, lui se ben stordito attese l'attacco quando le fauci della bestia si aprirono per lambirli il collo con l'ultima forza rimastogli il Cavaliere Bianco lanciò il frammento argentato del mantello di Principessina. La bestia come era giunta si dissolse nella fitta nebbia. Dalla ferita sgorgava copioso il sangue, l'arsura si era impadronita delle labbra del Cavaliere, con fatica riuscì a prendere le redini dei destrieri, non avendo le forze per cavalcare si lasciò trascinare da essi. Con delicatezza lo portarono sulle sponde del lago lasciando che l'acqua cristallina sfiorasse il suo volto, entrambi iniziarono a nitrire sollevando le zampe anteriori, dalle acque emerse la figura splendente della Dama, impugnava l'elsa di una spada altrettanto luminosa
su la cui lama c'era inciso una parola Amore. La Dama con fare gentile lievitò intorno al Cavaliere poi pose la lama luminescente sulla sua ferita, lentamente si cicatrizzò fino a scomparire e anche le vesti a suo tempo donateli da Principessina ritornarono intatte nel loro bianco immacolato. Porgendo la spada al Cavaliere la Dama sorrise per poi dileguarsi nelle acque del lago illuminandolo in tutto il suo splendore.


Il Cavaliere, ripresosi dalla brutta avventura,consapevole che avrebbe incontrato altre difficoltà affrontò di nuovo l'impervia foresta. Seguì nuovamente il sentiero fino al rovo ove i petali di rosa si erano posati erano stranamente scomparsi, anche i frammenti argentei del mantello di Principessina stavano perdendo la luminosità. Il presagio di pericolo per la fanciulla lo indusse a cavalcare per gli antri più oscuri ove si ergevano dirupi rocciosi ai cui piedi giovani aquiloni erano stati privati dei propri colori nonché delle ali trafitte da punte di lance finissime da cui sgorgava un liquido insano.
Altri stavano lanciandosi dalle alte creste illudendosi di volare nel cielo di cartone.
“ Non posso liberare chi giace”
pensò il Cavaliere Bianco
“Ma posso liberare i fili che ancorano chi può volare di proprio volo.”
Puntò la spada donatali dalla Dama sul cielo plumbeo, il cartone si dissolse sotto l'iridescenza
dell'Anima che irradiava nel cielo i colori dell'iride, i giovani aquiloni librarono attraverso quei colori raggiungendo l'immenso azzurro ove i gabbiani attendevano per unirsi a loro. Il Cavaliere puntò la spada verso il basso immediatamente dai dirupi giunse lo stridio delle unghie dei demoni che si frantumavano sulle aguzze rocce. Era oramai giunto ai confini della foresta ma di Principessina non aveva trovato altri segni, improvviso il destriero si fermò sollevando una zampa, il cavaliere scese per verificare che il cavallo non avesse ferite o magari perso uno zoccolo. Sollevato la zampa del cavallo scrutò lo zoccolo, incastrato in esso trovò la spilla dell'orecchino di Principessina mancante della pietra di acqua marina che doveva esserci incastonata, prese la spilla e la mise nella sacca del suo mantello. Avvolto dalla fitta nebbia, procedendo con cautela, abbandonò la foresta avventurandosi verso la scogliera. Giunto sul margine lo zoccolo del cavallo urtò una pietra cadde nel vuoto ma non rimandò alcun eco d'impatto con il terreno, il Cavaliere comprendendo la profondità del baratro scese di sella e affidandosi alla sorte e alla spada della Dama iniziò la discesa aggrappandosi alle rocce aguzze. Il vento gelido sferzava il volto e le mani, le dita si stavano intorpidendo arrancando sulle spinose rocce, un piccolo errore e la caduta sarebbe stata inevitabile. Stremato si fermò su una sporgenza simile ad una nicchia, da un cespuglio un piccolo bagliore attirò la sua attenzione, allungò la mano nel cespuglio raccogliendo la piccola pietra luminosa, nel suo palmo teneva l'acqua marina dell'orecchino di Principessina. Sapendo di essere sulla pista giusta le forze si rinvigorirono, proseguì fino all'ingresso della torbida caverna ove un alito fetido e gelido lo sfiorò prima di essere inghiottito dal buio. Stalattiti umide e ammuffite nascondevano gli occhi rossastri dei piccoli demoni sentiva la loro presenza era pronto alla battaglia ma nessuno si fece avanti, così giunse nel cuore della caverna la grande stanza cosparsa di stalattiti nere e fetide ove l'odore di muffa imperava violentando le narici. Da una nicchia una stalattite emergeva su tutte le altre su di essa si era rifugiata Principessina sconvolta, tremante, impaurita dalla folla di gnomi che cercavano di arrampicarsi per raggiungerla e schernire la sua bellezza come già tentavano di fare lanciandole frammenti di muffe.
“ Ti prenderemo” urlavano mostrando le mani sporche e le unghie piene di muffe.
Principessina, rannicchiata su se stessa, si copriva il volto cosparso di lacrime.
“ Dove sei!!!???” Gridava la sua Anima invocando il Cavaliere Bianco.
Lui, se pur felice di averla finalmente trovata, restò un attimo ad ascoltare quella voce che solo loro potevano udire.
“ Sono qui, non temere” Rispose infine l'Anima del Cavaliere.
Principessina alzò lo sguardo verso l'ingresso della grande sala e vide la spada del Cavaliere illuminarsi mentre tutto intorno le muffe e le stalattiti si cristallizzavano illuminando l'oscuro antro
di una luce argentea. Il Cavaliere la raggiunse, stringendola a se con le labbra le sfiorò le guance, le lacrime divennero perle con esse cinse il collo nudo di Principessina, poi dal mantello prese la pietra azzurra la incastonò nell'orecchino ridandola alla sua padroncina, infine avvolse la fanciulla nel suo mantello e affidandosi alla spada magica prese la via del ritorno. Giunti all'uscita della grotta la nebbia gli avvolse nuovamente Principessina si tolse l'orecchino e lo lanciò nella nebbia, improvvisamente la luna squarciò l'oscurità illuminando l'argentea spiaggia e l'immensità del mare ove una miriade di stelle riflettevano la loro luce...











Cala di Luna
by
Massimo

2 commenti:

Rosanna-Vibrazioni dell'anima ha detto...

Il racconto si ispessisce!
E' dolcissima questa favola che continua incessante, colma di fantasiose avventure...mi ci immergo dentro quale "Principessina".
Bello il traguardo sulle sponde del mare assieme al "Cavaliere bianco" che rassicura e protegge Lei dai tanti pericoli della vita!
Chissà dove condurranno questo vortice di onde spumeggianti...soavi e placate o irruenti e minacciose!?

maxart ha detto...

Miriadi di colori ci offre la natura non basta una vita intera per esplorarli... Non c'è meta per la fantasia. Non c'è meta per vivere l'armonica melodia del connubio dell'anima con la poesia...Ali libere s'innalzano sopra l'oceano sfidando le nubi.